La Pesca dei Molluschi Bivalvi
Un salto nel passato
Prima della meccanizzazione avvenuta negli anni 70’, la raccolta dei molluschi bivalvi, in particolare la pesca della vongola, in mare, veniva effettuata praticamente a mano. Una rasca(rastrello) fissata a un palo veniva passata sul fondale e il pescato veniva introdotto in una sorta di cesto chiamato “tamiso”. Giornate lunghe e di duro lavoro quelle. Talvolta pescando in altri lidi il prodotto veniva venduto direttamente sul posto, non era raro vedere barche chioggiotte vendere le proprie vongole a Jesolo o a Caorle. I pescatori rimanevano giornate intere, d’estate come d’inverno, con vestiti inzuppati d’acqua. Con il rastrello, unico metodo di raccolta in uso, si rimaneva in acqua fino a 8 ore, arando il fondale. Operazione faticosissima e, al tempo stesso, distruttiva per la salute dei pescatori, la media di raccolto, infatti, si aggirava sui 20 chili.
La svolta si ebbe con l’arrivo delle turbosoffianti, che cambiarono radicalmente il modo di operare. La turbosoffiante, o porassara o pesca a draga, agisce grazie all’utilizzo di una pompa che sviluppa una pressione, la quale fa alzare i molluschi dal fondale, i quali vengono raccolti da una gabbia metallica con maglie di misure diverse a seconda di ciò che si voglia pescare, siano esse vongole, fasolari o cannolicchi. Il problema iniziale delle turbosoffianti era l’impatto devastante sui fondali, ma con l’avvento delle nuove tecnologie, la pesca è molto meno impattante, perché lo spostamento della sabbia del fondale viene fatto in maniera tale che il sedimento si depositi subito dopo il soffio del getto idraulico regolamentato, non solo, questo attrezzo viene usato nei banchi dove vi sono solo molluschi, con impatti pari a zero sul resto della fauna marittima, salvaguardando così il più possibile l’ambiente circostante.